Secondo la leggenda, la valle di Kathmandu era un tempo un grande lago da cui sorgeva solo una collina, denominata swayambhu. Un giorno il bodhisattva Manjusri creò con la sua spada la gola di Chobar, facendo defluire le acque e trasformando la regione in una ampia vallata.
Da allora la collina swayambhu è stata meta di pellegrinaggio delle popolazioni Newari che nel XIV secolo hanno iniziato la costruzione di Swayambhunath, l’imponente stupa che oggi guarda dall’alto la città di Kathmandu.
Noi non crediamo molto alle leggende, ma non abbiamo potuto non visitare questo patrimonio mondiale Unesco, considerato tra i luoghi più belli di tutta l’Asia. Arrivare al Swayambhunath, o più comunemente Tempio delle Scimmie, non è semplice. O meglio, lo sarebbe se non ci fosse il folle traffico di Kathmandu. Ci sono due modi per raggiungere il tempio: noi per comodità scegliamo di arrivarci attraverso la scalinata est, una imponente scala di pietra risalente al XVII secolo lungo il corso della quale sorgono statue colorate di Buddha. Qui il clima è decisamente più rilassato, i cani randagi sono pochi, ci sono molte famiglie e si intravedono diverse scimmie che danno il soprannome al luogo.
Al termine della scalinata (faticosissima con caldo e zaino!), si trova la biglietteria: l’ingresso all’area del tempio è piuttosto economico, appena 100 rupie, poco meno di un euro. Subito di fronte a noi si presenta la stupa. È davvero imponente, bianca e oro, con gli occhi del Buddha dipinti sui quattro lati e con una punta altissima. Intorno ad essa i pellegrini onorano i simboli religiosi presenti mentre nell’aria si respira un forte odore d’incenso. La stupa ha un forte significato simbolico: il colore bianco rappresenta la terra mentre i 13 livelli di cui è composta indicano gli stati umani da superare per raggiungere il Nirvana, rappresentato dagli occhi di Buddha. Nell’area sono presenti anche alcuni simboli induisti, a testimonianza del forte connubio tra queste due religioni.
La vista da quassù è davvero incantevole e si può ammirare tutta Kathmandu con la catena dell’Himalaya alle sue spalle. Passeggiare per l’area sacra è abbastanza piacevole. Ci fermiamo nei vari negozietti, piccoli santuari e statue che sorgono su tutta la superficie e per un attimo ci scordiamo del caos di Kathmandu.
Purtroppo però tutto ha un inizio e una fine e i nuvoloni neri all’orizzonte ci ricordano che è forse meglio rientrare se vogliamo evitare una doccia monsonica. Proviamo quindi a ritrovare un po’ del misticismo di questo luogo in una cena tibetana all’Utse Restaurant: non la troviamo, ma almeno il cibo è ottimo. Namastè!